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Impresa, contratti e coronavirus


La pandemia e l’effetto delle conseguenti misure di contenimento sanitario sulle attività produttive richiedono una particolare attenzione da parte di tutti gli operatori del settore imprenditoriale.

La complessità della situazione attuale porta gran parte della nostra attenzione a focalizzarsi sull’emergenza sanitaria; in realtà ci sono altri livelli di emergenza: quella economico-finanziaria, quella relazionale e quella giuridica.

L’emergenza sotto il profilo giuridico si manifesta nella crisi degli accordi commerciali e di molte fattispecie contrattuali che sono minati dal contesto nazionale e internazionale.

Iniziano così a manifestarsi una serie di patologie contrattuali come disdette, richieste di indennizzi, limitazione alla circolazione dei beni o alla prestazione di servizi, mancata fornitura di materie prime, ritardi o impossibilità ad adempiere alla prestazione pattuita, con conseguenze a catena per tutta la filiera.

La pandemia e le misure di contenimento del Covid-19 hanno fatto sì che molti soggetti, aziende e persone fisiche, si siano venuti a trovare nella impossibilità di adempiere in modo puntuale alle prestazioni previste in contratti stipulati prima dell’attuale emergenza sanitaria; un secondo problema nasce anche sotto il profilo della necessità di revocare o sospendere ordini e revocare contratti che non sono più di alcun interesse per almeno una delle parti perché sono diventati eccessivamente onerosi.

Ogni situazione è a sé, e quindi deve essere analizzata in modo specifico; è però possibile dare un inquadramento complessivo di queste problematiche con un riassunto schematico degli articoli che riguardano l’impossibilità e l’eccessiva onerosità sopravvenute:

L'art. 1218 c.c. afferma che non è tenuto a risarcire il danno il debitore che non abbia esattamente eseguito la prestazione, qualora provi che "l'inadempimento o il ritardo" siano stati determinati "da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile"; − l'art. 1256 c.c. distingue poi tra impossibilità "definitiva" ed impossibilità "temporanea" della prestazione per causa non imputabile al debitore precisando che mentre la prima (e cioè l’impossibilità definitiva) determina l'automatica estinzione del rapporto obbligatorio, la seconda (e cioè l’impossibilità temporanea) estingue l'obbligazione allorché perduri "fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato ad eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla"; − l'art. 1463 c.c. disciplina l'impossibilità sopravvenuta sotto il profilo della risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive, statuendo che “la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta”; - l’art. 1467 c.c. disciplina l’eccessiva onerosità sopravvenuta nei contratti a esecuzione continuata o periodica causata dal verificarsi di eventi straordinari e imprevedibili e consente la risoluzione del contratto, dando però alla parte avvantaggiata la possibilità di impedire la risoluzione offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

Impossibilità o ritardi nell'adempimento derivanti dalle misure adottate da Governo o dalla stessa pandemia che, con riferimento ai contratti ad esecuzione continuata o periodica, può anche modificare eccessivamente il valore delle prestazioni, sembrano dover rientrare a pieno titolo nell'ambito di applicazione delle disposizioni citate, nelle fattispecie di impossibilità sopravvenuta per ordine o divieto dell'autorità (c.d. "factum principis") o di eccessiva onerosità sopravvenuta. È però necessario fare una precisazione: la sussistenza degli elementi che configurano l'"impossibilità sopravvenuta" o l’”eccessiva onerosità sopravvenuta” della prestazione va valutata caso per caso, e a seconda della natura della prestazione prevista nel contratto.

Le obbligazioni di fare e le obbligazioni di dare cose determinate o anche di genere potrebbero essere divenute, almeno temporaneamente, oggettivamente impossibile o eccessivamente onerose per effetto diretto della pandemia e/o delle misure governative per il contenimento dell’emergenza sanitaria .

Nel caso delle obbligazioni pecuniarie, e cioè quelle di pagamento di somme di denaro la situazione si configura in modo differente; la giurisprudenza ha interpretato l'impossibilità sopravvenuta in modo rigido: "ai fini dell'esonero da responsabilità del debitore, non in una mera difficoltà, ma in un impedimento obiettivo ed assoluto che non possa essere rimosso, non potendosi ravvisare nella mera impotenza o incapacità economica (...)". Quindi il contesto attuale può costituire valido motivo per giustificare inadempimenti o ritardi nell’esecuzione delle obbligazioni di fare o di consegna ma di regola non può essere addotta come giustificazione per non eseguire le obbligazioni di pagamento. Rispetto a queste obbligazioni, purché derivanti da contratti a esecuzione continuata o periodica, è invece applicabile la disciplina dell’eccessiva onerosità sopravvenuta

Per gli ordini effettuati prima della c.d. “emergenza coronavirus”, vi è la possibilità di revoca degli stessi solo nel caso in cui l’esecuzione della prestazione fosse in via esplicita o implicita, condizionata al verificarsi di un evento annullato o reso impossibile dalle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria.

Nel caso di contratto di appalto e di contratto di prestazione d’opera autonoma gli artt. 1671 e 2227 del c.c. consentono al committente di recedere in via unilaterale dal contratto, anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.

Considerate in breve alcune questioni tecnico-giuridiche sono due le principali domande che dovremmo porci in questo momento: come è possibile gestire tutte queste criticità in una situazione incerta come quella attuale? Come potremo, una volta terminata la fase di emergenza, affrontare il contenzioso derivante da queste criticità là dove il nostro sistema giudiziario, ora bloccato dall’emergenza, era già prima sovraccarico?

La negoziazione e la mediazione sono due strumenti agili e flessibili che potranno essere utilizzati con estrema facilità per gestire queste controversie con la possibilità di modificare equamente le condizioni del contratto.

Le tecniche di risoluzione alternativa del conflitto sono efficaci poiché aiutano le parti a trovare accordi anche in tutte quelle situazioni in cui è complesso o difficoltoso attribuire una responsabilità o è necessario rinegoziare i termini dell’accordo.

Il vantaggio di queste tecniche è quello di mettere al centro della discussione il problema preservando relazioni umane e commerciali già sottoposte a notevole stress dalla situazione contingente. Ormai grazie all’uso di specifiche piattaforme è possibile utilizzare questi strumenti anche ognuno dalla propria stanza, garantendo sicurezza e privacy.



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